Della celebre catena di noleggio anni Novanta è rimasto un solo esemplare nel mondo

“Che si fa stasera? Affittiamo un film al Blockbuster?”, “Ma sì, uscire, usciamo domani.” Un dialogo possibile, credibile, e piuttosto frequente in quei giorni che andavano dal lunedì al giovedì, quando la serata con gli amici, magari coinquilini nella casa in affitto durante gli anni dell’Università, si divideva tra una partita a Scarabeo, una a Fiori e Frutta, un reality per non dimenticare la quota trash o un film rigorosamente a noleggio, rigorosamente preso al Blockbuster. Erano gli anni Novanta, e quelli a cavallo con il nuovo millennio, non c’era lo streaming, Sky era un’allucinazione nel deserto del Sahara e soprattutto Netflix era pura fantascienza.

Così, se si voleva vedere un film, o meglio se si voleva scegliere cosa vedere, fuggendo dal palinsesto della tv generalista, la decisione da prendere era una e una soltanto: uscire di casa muniti di tesserina d’ordinanza e andare lì, in quel paradiso cinefilo fatto di scaffali perfettamente divisi per genere e colmi di dvd opportunamente organizzati in ordine alfabetico. 

C’era l’imbarazzo della scelta ed era meglio andare con le idee piuttosto chiare per evitare di passare lì l’intera serata, consumati dall’indecisione, invece di trascorrerla accoccolati sul divano con un sacchetto di popcorn in mano o un vasetto di gelato Haagen-Dazs in una e un cucchiaino nell’altra. Blockbuster è stato una costante, anche nel centro meno metropolitano che esiste c’era una filiale, a fine anni Ottanta nei soli States si contavano oltre 4800 negozi. Poi è arrivata inesorabile la crisi, complice il cambiamento nelle abitudini dell’intrattenimento domestico, il proliferare di programmi per scaricare film dalla rete, illegalmente ma poco importava, e il diffondersi a macchia d’olio degli abbonamenti alle tv satellitari, così che il Blockbuster abbiamo iniziato ad averlo in casa, a portata di telecomando.

Il celebre franchising ha cominciato a perdere pezzi, negozi che chiudevano uno dopo l’altro tanto che oggi ne è rimasto solo uno.

L’highlader della fu più grande catena di distribuzione digitale d’intrattenimento è a Bend, una cittadina dell’Oregon di meno di 100mila anime. E’ rimasto solo lui nel mondo, piazzato lì nel parcheggio di una stazione di servizio, in un trafficatissimo incrocio. 

The Last Blockbuster la cui proprietaria, Sandi Harding, cerca faticosamente di tenere aperto, anche grazie alla solidarietà della comunità locale, è l’ultimo della sua specie dopo che anche l’unico altro esemplare, quello a Morley, sobborgo di Perth in Australia, ha annunciato la chiusura imminente. “Anche mio marito lavorava in un negozio Blockbuster, mio figlio Ryan, che ha 14 anni ora lavora qui, è cresciuto qui, come gli altri miei figli. ” – ha detto la signora alla BBC con una nota nostalgica nemmeno troppo velata. 

Negli anni più recenti l’avvento di Netflix ha fatto il resto, lasciando lungo la sua ascesa solo vittime, nessun prigioniero o, meglio, uno soltanto, in uno stato sulla costa del Pacifico che, come ha scritto Business Insider, testimonia un esito inevitabile: “Blockbuster si candida a diventare il franchising più solitario di sempre.” Quanta nostalgia.

La Redazione